La bella indifferenza by Athos Zontini

La bella indifferenza by Athos Zontini

autore:Athos Zontini [Zontini, Athos]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2021-03-07T23:00:00+00:00


10.

21 gennaio

La facciata verde smeraldo, i balconcini a semicerchio colorati, il tetto spiovente: quel palazzo poteva averlo costruito un bambino. Salì a piedi e davanti al campanello aspettò qualche secondo prima di bussare, come indeciso se farlo davvero. Quando Fontana gli aprì la porta, non riuscì a mettere in relazione la figura esile che aveva davanti con le foto trovate in rete: aveva visto un uomo corpulento, dal sorriso gioviale, lo sguardo franco. Doveva essersi sottoposto da poco a una dieta molto severa: anche il tono di voce basso, la stretta di mano debole suggerivano una persona debilitata, costretta a risparmiare le forze. Quell’impressione si scontrò con la sua insicurezza e la rese ancora più turbolenta. Aveva paura, una volta entrato, di non riuscire più ad andarsene, di restare intrappolato nel ripetersi cadenzato di quelle ore da cinquanta minuti, perché tanto duravano le sedute lì dentro: cinquanta minuti alla settimana, duecento minuti al mese, quaranta ore in dodici mesi, poco meno di un fine settimana l’anno, era tutto lì il tempo a disposizione per curarlo.

“Come le anticipavo al telefono,” disse lo psichiatra facendogli strada, “ho parlato a lungo di lei con la dottoressa Martens…”

La giacca marrone di cachemire che indossava Fontana, la camicia bianca perfettamente stirata, quella coraggiosa cravatta gialla, quasi senape, di grande raffinatezza: l’unica nota stonata erano i pantaloni, vecchi, con l’orlo della gamba sinistra scucito, diverse taglie più grandi. Immaginò che non fosse riuscito a disfarsene perché quando aveva provato a infilarne un paio della sua misura attuale gli aveva soffocato le gambe e si era sentito di nuovo grasso.

Entrati nello studio, lo psichiatra lo invitò ad accomodarsi e gli indicò il divanetto su cui sdraiarsi. Sul fondo della seduta c’era un tappetino di spugna che ricopriva il bracciolo e parte dello schienale in modo da poter stendere le gambe senza doversi togliere le scarpe.

“Le dispiace se resto seduto?”

“Veramente preferirei evitare il contatto visivo.”

“Anche nel mio caso?”

“Sì, se non le dispiace sarebbe meglio.”

Mentre cercava una posizione comoda sul divanetto notò con fastidio la punta arrotondata delle proprie scarpe: certi indumenti si trasformavano, quando li misurava nei negozi gli piacevano e poi nello specchio di casa sua li trovava diversi, non gli piacevano più.

“Posso togliere le scarpe?”

“Prego, faccia pure.”

Le sfilò usando la punta di una scarpa per fare leva sul tacco dell’altra, e finalmente scomparvero sotto il lettino. Così andava meglio, si stese e cominciò a vagare con lo sguardo tra le mensole della libreria che aveva di fronte: una struttura di castagno brunito dal tempo che ricopriva l’intera parete fino al soffitto. La luce era troppo bassa per leggere i titoli sul dorso dei libri, la pelle delle rilegature era consumata, sembravano molto vecchi: dovevano essere testi di studio, probabilmente accumulati e tramandati nel corso di diverse generazioni; anche ammesso però che la capacità di risolvere un problema fosse proporzionale al numero di informazioni possedute, c’era qualcos’altro in quei volumi allineati con una perfezione millimetrica, possibile solo per i libri che non vengono mai toccati: sembravano lì



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